giovedì 9 febbraio 2012

Forma(to) e sostanza 1: oltre il digitale

E' stata una delle ragioni per cui è nato Beijing Calling: l'accumulazione materiale di musica prodotta in Cina. "Materiale" nel senso fisico, ovvero di dischi, cd e formati vari. Sì perché, che ci crediate o no, nell'era del post-mp3 e della "nuvola", i dischi si fanno ancora (in Cina come nel resto del mondo), e un manipolo di appassionati (o folli nostalgici) ancora produce, crea, e persino acquista.
In particolare, nel paese della produzione di massa a basso costo c'è ancora spazio per qualche forma di "artigianato" culturale, con produzioni musicali, realizzate in un numero limitato di copie, da qualche decina a poche migliaia, a volte fatte in casa, a mano.
E' l'estetica del "fai da te", o meglio DIY (Do It Yourself), che si è sviluppata in seguito all'esplosione del punk britannico e che in Cina, è invece un fenomeno piuttosto nuovo, che si sta diffondendo soprattutto nel campo della musica indipendente.
Si tratta di produzioni musicali, o affini, su supporti di una volta come vinili, cassette e altri, o comunque edizioni limitate le cui confezioni sono realizzate spesso in modo artigianale e inusuale, da piccole o minuscole etichette discografiche, in modo assolutamente indipendente.
E' il ritorno dell'analogico che nel tempo del digitale suona ancora più fragoroso ed è una scelta estetica significativa.
Si potrebbe liquidare questo recente -e marginalissimo- fenomeno come un'ennesima copia di una moda occidentale che in Cina arriva solo ora, ma credo sia invece un segno di maturità della scena musicale indipendente cinese, un passo in avanti piuttosto che un passo indietro.
Oscillando continuamente tra vezzo estetico e passione amatoriale, questo "artigianato musicale" è il più delle volte promosso da giovanissimi, ovvero da quella generazione nata negli anni '80 (80后 balinghou) e che è cresciuta quando vinili e cassette vivevano i loro ultimi giorni di gloria.

In particolare, si può considerare questo fenomeno composto da due trend parzialmente distinti: l'interesse per il vinile e l'analogico in generale, e la creazione di nuovi formati o edizioni casalinghe, fatte a mano. In ogni caso, si notano ai concerti e nei negozi sempre più oggetti musicali indefiniti, fatti sempre più di passione e desiderio, piuttosto che di profitto.
Si può notare un trend più generale del mercato discografico soprattutto in Europa che per sopravvivere a una profonda crisi strutturale si rinnova tornando al passato, ovvero producendo vinile su scala sempre più ampia e creando formati nuovi, inusuali, ricchi packaging.
Ma in Cina, dove il mercato discografico è decisamente diverso, questa materialità dei supporti musicali rimane decisamente a un livello sotterraneo, una nicchia, e soprattutto DIY.

Uno dei primi segnali del ritorno all'analogico è stata la nascita dell'etichetta discografica Rose Mansion Analog, analogica di nome e di fatto, accompagnata dall'emergere di una scena musicale sempre più dedita alla sperimentazione e improvvisazione. E poi, complici anche bassi costi di produzione, alcuni gruppi hanno sperimentato con formati diversi, unendo in qualche modo tradizione e innovazione.
Ma tutto questo è materia per post successivi...

Nessun commento:

Posta un commento